domenica 3 novembre 2013

Promuovere

E' da tempo che non riprendo in mano il mio blog, l'avevo quasi dimenticato.
A scuola non lavoro più e non mi dispiace la mia nuova condizione di pensionata.
Ma la scuola rimane sempre nel mio cuore, nei miei pensieri e nelle mie preoccupazioni.
Sono forse stata una buona insegnante, ma ho anche commesso molti errori che avrei voluto non fare.
La scuola italiana ha la capacità di bocciare, mentre più difficile, molto più difficile, è la capacità di promuovere.
Saper promuovere, interessse, passione, amore, fantasia, creatività, voglia di capire, di approfondire, di esprimersi, di accettarsi, di andare avanti......, saper promuovere insomma....è cosa molto più difficile e impegnativa del bocciare.
La scuola italiana è brutta, esteticamente brutta e molto irrazionale.
Ha orari sbagliati, che non tengono conto dei tempi umani, soprattutto nei giovani, di attenzione; non tiene conto delle pause necessarie ad una migliore concentrazione, non si preoccupa della postura durante le molte ore che costringono il corpo a stare seduto, mentre la mente vaga vaga vaga.....
Ma i giovani crescono e molti di loro escono bene, molto bene perfino dalle nostre povere scuole.
Per ritrovarsi pieni di dubbi sul loro futuro.
Ma questa è un'altra puntata.

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mercoledì 6 ottobre 2010

La PENSIONE!

E' arrivata anche per me - la PENSIONE.

Con le lettere Maiuscole come si deve a tutto ciò che è lontano, misterioso, superiore.... apparentemente irraggiungibile.
Come la Vecchiaia, l'Alzheimer, l'Invalidità....e, naturlamente, la MOOOOOOOOORTE!

Non insegno più - e penso per la prima volta che Insegnare sia stata, per oltre 35 anni, la mia attività preferita, nel bene e nel male.
L'attività che ho condiviso con la maternità, l'appartenenza alla mia adorata famiglia, il tempo dedicato a mio marito o a mio figlio (e ne ho avuto uno solo!)

Il 50% della mia vita è appartenuta alla mia professione di insegnante - il 50% del mio tempo, dei miei pensieri, dei miei affetti, degli stimoli a continuare ad indagare, aggiornarmi, comprendere, trasmettere.......verificare.

Ho avuto la fortuna di poter amare il mio lavoro - per svariati motivi.

Il mio temperamento - attivo, positivo, volto all'esterno, eternamente nostalgico della propria tormentata gioventù.

La fortuna di lavorare per molti anni in una scuola di provincia, con studenti di provincia, e aria di provincia.....
(eppure mi piaceva anche quando insegnavo nell'Hinterland milanese, tra le nebbie, gli immigrati e le paranoie dei grandi agglomerati industriali urbani)

Sto cominciando a gustarmi questa mia nuova era, che tanto temevo.
(La visualizzavo semplicemente come l'ultima porta verso la fine della vita)

Ne apprezzo il piacere di dormire la mattina (venale!) - il piacere di compiere quei gesti che mi piacciono tanto con il tempo e l'attenzione che meritano
(come lo yoga, il disegno, la passeggiata, l'osservazione del mare................... e molti, molti altri)


Ringrazio per tutta l'energia che i giovani - che ho incontrato, amato e detestato in tutti i miei anni di insgnamento - mi hanno regalato.
La tengo stretta, la possiedo - e continuoo ad amarli, tutti quanti - a seguirli, imitarli....invidiarli (che è un bel sentimento!)

alla prosssima puntata.

CIAO!

venerdì 12 febbraio 2010

da una passeggiata al cimitero

I Martiri all'ombra della Croce
di Eleonora Luci, alunna della V ginnasio a Massa Marittima

Tra quelle colline, vicino alle montagne, sul precipizio di una profonda vallata, si trova un piccolo borgo medievale: è solo un gruppo di case, una scuola e una chiesa, tutte vicine, unite e compatte, quasi volessero unire le loro forze per resistere all'affascinante forza di gravità che le trascina verso il baratro della vallata sottostante, verde e lussureggiante durante i mesi primaverili ed estivi, bianca ed innevata per il resto dell'anno; la vallata è magnifica, solenne e silenziosa, conosciuta palmo a palmo dagli abitanti del paesello e dalla luce del sole, che illumina la distesa d'erba solo a tratti, quando le nuvole lo permettono; e la stradina provinciale che serpeggia tra la vegetazione si muove rapida, proprio come un rettile, con un movimento veloce e sinuoso, percorsa nell'arco di un giorno da una decina di viaggiatori al massimo. Durante l'inverno la maestosità è accentuata dalla neve, soffice e morbida, che soffoca e impedisce ogni rumore, ogni movimento, che rende il paesaggio frutto di un'irrealtà onirica.
Anche nel freddo pungente di quel fine gennaio, la neve tiranneggiava su uomini, natura e fabbricati; tuttavia, in quella bianca immobilità, qualcosa ardiva muoversi. Tra le strette strade del borgo, una professoressa, con al proprio seguito i suoi studenti, arrancava in mezzo alla neve in direzione del cimitero; era immersa nel proprio silenzio, nei propri imperscrutabili pensieri, in lieve e gradevole contrasto con la vivacità delle parole sussurate dagli allievi alle sue spalle. Raggiunsero il grande arco di pietra all'entrata del cimitero, lo oltrepassarono; si ritrovarono accecati dalla bianchezza della neve e dal pallore del sole.
Attraversarono il largo viale, fiancheggiato da grosse tombe disadorne; salirono una piccola scaletta, ed ebbero accesso alla parte centrale del cimitero. Qui, la professoressa distanziò gli allievi, dirigendosi direttamente verso una grande croce che si ergeva dal selciato innevato; gli studenti rallentarono il passo, per lanciare uno sguardo ora a quella tomba, vecchia e abbandonata, ora a quell'altra, di marmo lucido, ricca di piccoli ricordi. Raggiunsero infine il piccolo spiazzo in mezzo al quale si ergeva la croce, alle cui falde la professoressa aspettava in piedi.
La croce era alta e gettava la sua ombra sulla neve fresca; sembrava una regina altera e immobile, che vegliava sui suoi piccoli sudditi di marmo. Era di nuda pietra, senza ornamenti, scanalature o incisioni; era una semplice, alta croce. E incuteva soggezione a quegli improbabili turisti.
Una volta radunati tutti lì, in religioso silenzio, la professoressa indicò le tombe attorno a loro.
.Parlava a voce molto bassa, con grande serietà e anche quasi con timore, trasmesso forse dalla gran croce di pietra. Gli studenti si guardarono attorno: si avvicinarono alle tombe, ne osservarono i nomi incisi; pochi osavano ancora scambiare commenti con i compagni.
Gli studenti fecero cenno di no con il capo; altri continuavano con un misto di meraviglia e stupore ad osservare le tombe.
Fece una pausa. .
Si chinò su una tomba. Tornò presso la croce. .
.Si fermò qualche secondo, ad ammirare l'imponente croce controluce. I ragazzi, presi da quella storia, non fiatavano; aspettavano il finale, che già conoscevano. Erano ansiosi di conoscere altri inquietanti, agghiaccianti particolari. Abituati alla violenza, dopo l'indifferenza iniziale, provavano un senso di repulsione, spontaneo al racconto del male; ma finivano con l'aspettare con ansia l'arrivo dei fucili tedeschi, delle urla dei minatori, degli spari. Indifferenza, repulsione, un senso di attrazione e infine nuovamente il ribrezzo, l'allontanamento: perchè in seguito torniamo a considerare le cose con lucidità e oggettività; e ci si stupisce di aver desiderato quasi, per un momento, di accrescere sofferenza, dolore e morte.
La professoressa era agitata da questi pensieri, osservando i suoi alunni; la generazione futura. Continuò a guardarli: avrebbero capito un giorno che la fucilazione dei minatori di Niccioleta non era solo un evento tragico, un punto culminante di una storia, ma anche un complesso risultato della perversione della mente umana di pochi individui, rispecchiata poi da tutta la società? Potevano loro capire il pericolo di un ritorno di un eventuale Hitler, di uno Stalin, di un Mussolini sotto mentite spoglie, capaci di plagiare la mente di vecchi e giovani, e assoggetarli alla loro ideologia, con i nuovi mezzi tecnologici...? Decise di riprendere il racconto. I suoi ragazzi aspettavano. Chiuse la storia con spietata laconicità.
I ragazzi accetarono silenziosamente il fatto, e rimasero immobili e in silenzio.
Rimasero alcuni minuti in silenzio, la professoressa leggedo distrattamente i nomi dei caduti, gli studenti osservando le lapidi e le altre tombe. Poi l'insegnante richiamò l'attenzione degli allievi su di sè, alzò leggermente la voce:.
Durante il percorso di ritorno, i ragazzi, svincolati dalla sacralità di un luogo sacro quale un cimitero, iniziarono a colpirsi con palle di neve, urlando e ridendo. La professoressa camminava lentamente, leggera sopra la neve; i suoi pensieri erano tutti rivolti ai minatori. Ricordava molto distintamente quella volta in cui la madre le aveva raccontato la vicenda; lei era piccola, seduta sui gradini di casa sua che davano sul giardino. Era estate, c'era caldo e poco vento; sua madre sedeva anch'ella sui gradini, accanto alla sua bambina, e ricamava dei fazzoletti. Suo padre non c'era, era andato via per lavoro; e sua madre quelle volte le raccontava delle favole; quella volta però nessun lieto fine.
Qualcosa l'aveva colpita, se ne ricordava ancora: la madre le aveva raccontato che quel giorno i minatori, prima di lasciare la loro casa, avevano informato le mogli dei cambi di programma dei tedeschi; e le donne avevano preparato ai mariti cesti con il pranzo, confezionati con cura e amore, con dentro il cibo cucinato per loro.
Avrà avuto circa sette, otto anni.
Si alzava, si metteva davanti alla madre e ripeteva petulante l'imperativo ''dimmelo, dimmelo'', fino a quando lei, annoiata dai capricci della bimba, non cedeva e cercava di spiegarle di malavoglia il perchè di quella carneficina; un conto è raccontare favole, un altro far capire a una bambina di otto anni l'ideologia nazista. La bambina non aveva capito molto bene; e anche se la storia le aveva lasciato dentro un leggero turbamento aveva sorvolato sulla cosa come solo i bambini sanno fare. E ora...e ora si ritrovava con più di cinquant'anni sulle spalle, a passeggiare sul quel sentiero nevoso, con dietro di sè i suoi studenti che si bombardavano con palle di neve; qualcuno rideva, qualcuno si lamentava per i danni subiti, altri, gloriosi comandanti, infierivano sui vinti, sui nemici in fuga. Anche quel gioco infantile recava in sè un principio di violenza e prevaricazione: l'obbiettivo era quello di colpire l'altro e non essere colpito. Un po' come quello della guerra, distruggere senza essere distrutti. Centinaia di anime e corpi giovani, che pieni di ideali puri in quel medesimo momento si addestravano volontari in accademie militari, avrebbero finito col perdere la vita in qualche scontro armato, per futili o ragionevoli motivi o più semplicemente sarebbero tornati a casa. Ma spesso, quelli che cadono per primi, sono proprio i più giovani: subito comprendono che la guerra non è quella che credevano, non quella che i telegiornali fanno credere; ma è qualcosa di peggiore, che era sfuggito al loro pensiero. I più esperti invece sopravvivono; anche loro sono stati giovani e disorientati, ma hanno resistito; e ora guardano i novellini sapendo, capendo con uno sguardo, come dovranno morire. Anche i nostri minatori, da un certo punto di vista, hanno scelto il loro destino; d'altronde sapevano che alleandosi con i partigiani correvano un rischio enorme, che avrebbe provocato loro la morte. Avevano deciso di dare una mano alla liberazione.
Ormai sarebbero sempre stati ricordati come martiri, come coloro che versarono il proprio sangue per la libertà, nomi incisi su lapidi di marmo grigio spento, all'ombra di una grande croce disadorna, in semplice pietra.

martedì 17 febbraio 2009

La scuola degli....animali

Giulio mi ha inviato due commenti molto interessanti, dei quali voglio riportare questa storiella esemplare.....
Vi rammenta forse qualcosa??


Gli animali un giorno decisero di aprire una scuola; si riunirono per definire le materie, i programmi, i tempi e i metodi d'insegnamento.
Gli uccelli proposero il volo come materia di studio, i pesci il nuoto, gli animali di terra la corsa e così ogni animale perorava la causa delle materie in cui riusciva meglio e pretendeva che fossero incluse nel programma. Alla fine per non far torto a nessuno si decise di accettare tutte le proposte e di mettere nel programma tutte le discipline.
La cosa assurda, però, la fecero quando decisero di imporre a tutti gli animali di studiare tutte le materie.
La lepre riusciva benissimo nella corsa, era bravissima in questa materia, ma il Consiglio di classe sostenne che lei si dedicava troppo intensamente alla corsa e trascurava il nuoto, il volo ed altre importantissime materie di studio.
Il Consiglio così decise che la lepre, nel suo interesse e per il suo bene, dovesse imparare a volare. La misero sul ramo e quando la lepre si convinse a saltare giù, si ruppe una gamba così che non poté più correre spedita come prima.
Il Consiglio di classe alla fine dell’anno la valutò con un "buonino" nella corsa; in compenso le diede "sufficiente" nel volo, in considerazione della buona volontà dimostrata.
Una situazione analoga sperimentò l’usignolo; sapeva volare e cantare benissimo ma l’insegnante pretese che imparasse a scavare tane e così poverino provò e si ruppe le ali ed il becco e non poté più cantare e volare così bene come prima. Finì per prendere "discreto" nel volo e nel canto e la "sufficienza" nello scavare tane, data la buona volontà. Gli animali che riuscirono meglio in quella scuola sembra che fossero quelli che non avevano qualità spiccate in nessuna materia perciò riuscivano a cavarsela e a raggiungere la sufficienza in tutte le materie".

Grazie Giulio!

mercoledì 28 gennaio 2009

MAMMISMO

Questa mattina fumavo una sigaretta sul piano piazza del ns Istituto.
C'erano 3 studenti accanto a me. Sono studenti dell'ultimo anno del Turistico - li consoco di vista, soprattutto quello lungo e biondo coi capelli rasta, di origine tedesca che vive con la famiglia nella campagna della nostra bella Maremma, un po' di agricoltura e di amore per la natura...e quello robusto e moro coi genitori bulgari emigrati dalle ns parti non molti anni orsono; e infine un ragazzo italiano.
Parlano di scuola, sento alcune battute incazzate e serie di uno di loro, il bulgaro. So di lui che è considerato molto intelligente. Lo sento dire delle cose che mi incuriosiscono, che mi pare di condividere, che toccano nodi che io conosco.
Mi avvicino e chiedo se posso sentire di cosa stanno parlando. E' il giovane bulgaro a parlare: sa quel che dice, sa cosa vuol dire, ha esperienza, ha pensato ed elaborato....
Mi spiega rapidamente il punto - che è come la sintesi della profonda inadeguatezza della scuola italiana nel suo insieme.
Dice: gli Italiani si collocano nelle ultime posizioni come livello di preparazione scolastica...eppure non credo che siano stupidi, anzi non lo sono affatto!
E poi: che senso ha essere ammessi agli esami e poi rischiare di bocciare e per questo dover ripetere tutto l'anno scolastico? In Bulgaria se non si superano gli esami finali lo studente ha l'opportunità di ritentarli dopo 3 mesi, e quindi una terza volta ancora. E' logico, no? Perchè ripetere l'anno se i miei professori hanno ritenuto di ammettermi?
Inoltre: in Bulgaria abbiamo 5 giorni la settimana di scuola eppure quando sono arrivato qui 4 anni fa ero avanti di 2 anni nella conoscenza di molte materie, come la matematica e l'inglese. In Bulgaria ogni lezione dura 45 minuti e c'è una pausa tra un'ora e l'altra ed un lungo intervallo per riposare e ricrearsi veramente. Eppure la preparazione degli studenti bulgari è superiore a quella defli Italiani.
Qui in Italia la domenica è il giorno più pesante, perchè ci si deve preparare per le possibili interrogazione del lunedì. E poi: che senso hanno le domandine cui dobbiamo rispondere nelle interrogazioni; io preferirei poter affrontare un argomento in modo autonomo, potermi esprimere liberamente fino alla fine, non dover rispondere a domande come fossero dei quiz in cui vi è solo una risposta valida.

Credo di aver in parte adattato il ragionamento del bravo studente bulgaro, ma quello che dice è perfettamente condivisibile.

Non solo in Bulgaria (paese dell'Est eppure molto vicino a modelli anglosassoni o scandinavi di scuola, notoriamente molto efficienti) ma anche in Francia, Inghilterra, Danimarca. Germania, Finlandia, nonchè Polonia, Lituania, Romania (paesi i cui sistemi scolastici ho avuto modo di consocere da vicino) le cose stanno così: così come il ragazzo bulgaro le spiegava stamattina.

Gli Italiani NON sono più stupidi degli altri studenti europei - allora è la scuola che è inadeguata, ed anche molti dei suoi insegnanti.
Non ha senso una scuola dove ciò che conta è la quantità della materie impartite e la lungheza delle ore di scuola.
Non ha senso una scuola dove si verifica la competenza attraverso domandine (la fatidica interrogazione - per di più a sorpresa!) che variano da insegnante a insegnante, con criteri di valutazione altrettanto arbitrari quante sono le teste dei docenti, più o meno aggiornati, più o meno generosi, esperti, vecchi, giovani....

(C'è un'anarchia nella scuola italiana che viene spacciata come Liberetà di Insegnamento.)

Non ha senso una scuola che non valorizza la creatività, la progettualità, la libertà di approfondimento personale.
Non ha senso una scuola dove tutte quante le materie concorrono in maniera uguale alla promozione o bocciatura di un individuo, costringendolo a ripetere un intero anno - cioè tutte quante le discipline - solo in quanto non ha la sufficienza in alcune, magari nemmeno specifiche dell'indirizzo seguito.
Non ha senso una scuola che fa fare l'intervallo ai ragazzini delle scuole medie (e non solo) in classe per paura che si facciano male!!!!!

MAMMISMO: questo è il male della società italiana, fedelmente perpetrato nella sua scuola.
.
Peccato per i nostri giovani, i quali - come diceva stamattina il ragazzo che viene dalla Bulgaria - non sono più stupidi dei loro coetanei Europei!

venerdì 23 gennaio 2009

Allargare le porte all'Europa

Ieri ho partecipato per conto della mia scuola (l'Istituto di Istruz. superiore 'B. Lotti' di Massa Marittima) ad un convegno tenutosi a Livorno dal titolo 'Porte aperte all'Europa'. Si trattava della presentazione del programma europeo LLP (Lifelong Learning Programme) che comprende diverse azioni volte a favorire la mobilità all'interno dei paesi della Comunità Europea (ma anche la Turchia) cominciando dalle scuole - dalle elementari a quelle serali per adulti - e rivolto sia ai docenti (per la loro formazione) che agli alunni, così come a giovani diplomati per tirocini di formazione professionale all'estero.
Le varie azioni si chiamano Comenius, Leonardo, Grundvig; c'è anche il progetto V.A.L.E. per la valorizzazione della cultura scientifica in Europa ed altre rivolte a Dirigenti scolastici, Formatori, Ispettori, ma anche ai Comuni, alle Regioni o ai Capoluoghi di provincia.
Si è trattato di un convegno che oltre ad essere molto ben gestito e ricco di informazioni concrete e di risposte competenti e puntuali alle numerose domande dei presenti (soprattutto insegnanti dalle scuole materne alle superiori - ma anche personale di segreteria e qualche preside - il tutto a maggioranza decisamente femminile) ha visto alternarsi relatrici di alto livello culturale ed etico, vere professioniste dell'educazione, appassionate del proprio mestiere, capaci di progettualità e brave comunicatrici.
Vorrei riportare alcune considerazioni che mi sono piaciute e che, a mio parere, aiutano a dare un senso al nostro mestiere e alla nostra speranza di contribuire a costruire un futuro migliore.
Sandra Landi, direttrice ANSAS per la Toscana, ha parlato di Scuola Albero, cioè di una scuola ben radicata nel territorio ma con i rami ben aperti al mondo (in contrapposizione alla Scuola Torre, chiusa e autoreferenziale). Ha parlato della sua utopia: quella di una scuola che sappia insegnare ai giovani a diventare 'cittadini' europei aperti al confronto - non individui pronti allo scontro, al litigio.

Ebbene la Scuola ha la possibilità di spezzettare questa Utopia in tanti progetti dagli obiettivi alti ma perseguibili, e di insegnare ai giovani non semplicemente a riprodurre l'esistente ma ad andare avanti.
Al fine di creare una mentalità che abbracci tutta l'Europa occorre conoscere l'Europa, occorre la cultura dell'Europa: si tratta di un processo lungo - fa parte dei tempi lunghi della scuola.
Ma noi, professionisti dell'educazione, dobbiamo tendere l'arco e mantenerlo ben teso affinchè la freccia che scoccheremo possa andare il più lontano possibile, fino a raggiungere luoghi che probabilmente non ci è dato nemmeno di immaginare......